Dolci siciliani: quanto è antica la pasticceria di Sicilia?

Dolci siciliani quanto è antica la pasticceria di Sicilia
Un viaggio a ritroso nel tempo alla ricerca delle radici più profonde della pasticceria di Sicilia rivela un affascinante intreccio di culture e tradizioni secolari. Con la loro semplicità, varietà e ricchezza, i dolci siciliani tipici sono il risultato di una straordinaria fusione di ingredienti e sapori provenienti da mondi diversi. Ogni dolce racconta una storia e porta con sé tracce di antichi rituali e ricette tramandate di generazione in generazione, che ancora oggi rendono questa tradizione culinaria un tesoro inestimabile del Mediterraneo.

Dolci tipici siciliani

Un viaggio nella storia e nei sapori della pasticceria siciliana

Qualche giorno fa, un nostro cliente non sapeva decidere cosa mettere nel vassoio di dolci che doveva acquistare. Mentre rifletteva, a un certo punto, quando ha capito che a qualcosa avrebbe pur dovuto rinunciare, ha sospirato sconsolato e ci ha detto: «che meraviglia tutti sti cosi duci! Fanno venire un pititto…».

Entrare in una pasticceria siciliana, una delle tante, come la nostra, è così.

Il bancone è una gioia per gli occhi, un orizzonte panoramico di dolci tipici della Sicilia ordinatamente disposti nei vassoi. Una varietà di forme, consistenze, colori, ingredienti, decorazioni che sembra non avere fine, tanta è l’abbondanza. Se c’è una cosa, infatti, che ha sempre contraddistinto la storia dei dolci siciliani è proprio la ricchezza e l’eterogeneità, soprattutto di quelli che, più di altri, ne incarnano appieno la tradizione: i dolci siciliani con ricotta.

I cose duci, come dicevano i nostri nonni, non possono mai mancare sulle nostre tavole e durante i periodi di festa. I dolci siciliani più buoni nobilitano e arricchiscono i pasti, sono una tradizione fissa del pranzo della domenica. Un dolce appena sfornato o un vassoio di pasticcini sono una gioia per gli occhi e per il palato.

A quale dolce attuale si riconduce il primo dolce di cui si ha notizia in Sicilia?

La tradizione dolciaria siciliana è conventuale, ha cioè radici profonde che affondano nei conventi e nei riti religiosi. Per secoli, infatti, sono state le suore di clausura a custodire e tramandare le antiche ricette tipiche siciliane con cui preparavano deliziosi manicaretti per le ricorrenze religiose e non solo. Proviamo, però, ad andare ancora più indietro nel tempo. La Sicilia, grande isola al centro del Mediterraneo, è sempre stata un crocevia di popoli e la pasticceria siciliana è il frutto dell’incontro di culture e usanze diverse, espressione di una stratificazione culturale unica già visibile nelle sue città e nei suoi monumenti.

Ci troviamo in Sicilia orientale, intorno all’anno 1000 a. C. Qui erano stanziati i Siculi, tra i primi abitatori dell’isola e popolo di agricoltori, pastori e cacciatori. Essi avevano l’abitudine di mescolare il frumento con il latte e il miele per creare una sorta di cuccia (oggi dolce tipico della festa di Santa Lucia) ante litteram che simboleggiava la ricchezza e l’abbondanza, forse il dolce siciliano più antico in assoluto. I Greci, giunti in Sicilia nel periodo della colonizzazione (VIII sec. a. C.), portarono con sé ulivi, viti, mandorli e nuovi metodi di coltivazione. Nell’alimentazione, ampliarono anche gli usi del farro, fino a quel momento utilizzato solo per la preparazione del pane, che divenne ingrediente della pasta frolla. Come racconta Antonino Uccello nel suo libro Pani e dolci di Sicilia, «durante le Tesmoforie, feste annuali che si celebravano in Sicilia in onore delle due grandi Dee nel periodo primaverile, venivano offerte delle focacce di sesamo e miele, chiamate mylloi, che raffiguravano gli organi femminili».

Il celebre filosofo greco Platone, vissuto nel V sec. a. C., nel corso dei suoi viaggi si fermò anche in Sicilia, ospite del tiranno Dionigi Il Vecchio. Ebbe la possibilità di sperimentare la cucina siciliana dell’epoca e, in particolare, la pasticceria, caratterizzata da dolci a base di miele e mandorle, che definì elegante e raffinata, migliore espressione dell’arte culinaria dell’epoca. Il sofista Alcifrone ricorda con gusto «una torta che prende il nome da Gelone il Siceliota, ornata con prelibatezze di pistacchio, datteri e noci, alla vista di cui il mio cuore si dilettava e la bocca aveva l’acquolina […]».

In età romana, la Sicilia fu il granaio di Roma: i Romani introdussero nuove tecniche per la lavorazione del grano e diffusero in Sicilia l’uso di formaggi dolci e l’abitudine di cuocere il pane sulla brace e inzupparlo nel vino mielato, una sorta di antico babà. Come riportano Catone nel De agri cultura e Marziale in uno dei suoi versi, nella Sicilia orientale si preparava una particolare focaccia dolce, la placenta, a base di farina, formaggio e miele: «[…] misi Hyblaeisis madidas thymis placentas» ovvero focacce fragranti con timo ibleo. Sempre a Catone e anche ad Apicio si attribuiscono testimonianze relative al mustaceus, un dolce simile ai nostri mostaccioli e preparato con farina, mosto e miele.

Durante la dominazione araba, a partire dal IX sec., i Siciliani impararono a conoscere, tra le altre cose, la canna da zucchero (che, però, cominciò a essere usata nelle preparazioni gastronomiche solo nel periodo del regno di Federico II), la cannella e l’anice. Scoprirono la Cubbaita (Qubbayt), un torrone molto dolce preparato con miele, semi di sesamo e mandorle; i Nucatuli, in arabo “Nagal” (frutta secca, confettura, dolce secco); la Cupita o Copata, un altro tipo di torrone molto duro, fatto con nocciole, albume d’uovo, zucchero miele e amido. Gli Arabi si cimentarono anche con il sorbetto, amanti com’erano delle essenze, e ne crearono di diversi gusti, soprattutto alla frutta.

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I dolci di ricotta: le origini del cannolo e della cassata siciliana

Secondo una leggenda, il cannolo sarebbe nato a Caltanissetta, città il cui nome arabo significa castello delle donne.
Durante la dominazione araba, infatti, questa località ospitava harem appartenenti a diversi emiri saraceni le cui concubine, sperimentando varie ricette, avrebbero creato il cannolo come reinterpretazione di un dolce arabo a base di ricotta, mandorle e miele. Quando, poi, con la fine della dominazione araba, gli harem scomparvero, molte donne si convertirono al Cristianesimo. Una di esse, in particolare, si ritirò in monastero e tramandò alle sorelle la ricetta di quello che sarebbe diventato uno dei simboli della pasticceria tradizionale siciliana. L’influenza araba sulla sua creazione sembra certa, dato che gli arabi erano maestri nell’arte della pasticceria e sapevano lavorare la ricotta di pecora, già diffusa in Sicilia, combinandola con zucchero e altri ingredienti, come i canditi, per creare dolci raffinati.

Lo storico Gaetano Basile propone un’altra interpretazione, legata al Carnevale. Il cannolo, in origine, sarebbe nato come uno scherzo irriverente per via della sua forma fallica. Per renderlo meno provocatorio, furono introdotti i caratteristici tagli laterali, dando vita al cannolo nella sua forma attuale. Un’ulteriore teoria colloca la nascita del cannolo nel Convento di Santa Maria di Monte Oliveto, a Palermo, dove le suore di clausura avrebbero ideato il dolce come burla carnevalesca, riempiendo una vasca di crema di ricotta e utilizzando le scorze dei cannoli al posto dei rubinetti.

E la cassata siciliana, altro tipico dolce siciliano?

L’invenzione, se così possiamo dire, andrebbe ancora una volta attribuita agli Arabi, anche se il termine cassata ci riporta al latino, a caseus (formaggio) e caseatus (ripieno di formaggio). Racconta lo scrittore e giornalista Gaetano Basile, esperto conoscitore delle tradizioni culinarie siciliane, che, un tempo, «la cassata si mangiava solo a Pasqua per via di un culto solare antichissimo. Tutte le pietanze con forma rotonda richiamavano il disco del sole, tra gli dei colui che feconda la terra: il disco solare parla di fertilità, di nascita e rinascita e quindi di Resurrezione». Un dolce simile, ottenuto mescolando cacio e miele si preparava già nell’antica Grecia, ripreso poi dai Romani che lo arricchirono con pane, tuma e miele. Con l’introduzione della canna da zucchero in epoca araba, questa primitiva cassata fu ricoperta di zucchero e vaniglia.

Solo successivamente, nei conventi siciliani, si cominciò a usare la ricotta e ad aggiungere il Pan di Spagna. Nel Medioevo, infatti, erano proprio le monache dei conventi a preparare dolcetti tipici siciliani, destinati alle ricorrenze religiose e dolcificati con farina di carrube e miele. Le suore di clausura ne sfornavano in abbondanza per i prelati e i vescovi, ma anche per le famiglie nobili o persone influenti come medici, notai e professionisti. Una pasticceria che, con il tempo, si arricchì di spezie, come i chiodi di garofano, e che, durante il Barocco, divenne più ricca, sontuosa e ricercata.

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Paste di mandorla tradizione siciliana tra gusto e storia

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La Sicilia non è solo mare e sole. È storia e cultura. Ed è anche un variegato tripudio di sapori che conquistano e inebriano il palato. Tra questi, i dolci occupano un posto d’onore. Preparati a un viaggio goloso alla scoperta dei dolci tipici siciliani, vere e proprie opere d’arte realizzate con ingredienti semplici, ma di altissima qualità. Dalla cassata siciliana ai cannoli di ricotta, passando per le granite e i biscotti di pasta di mandorla, ogni morso è un’esperienza unica che ti farà innamorare di questa terra.

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